Un blog di cinema...

ce n'era davvero bisogno?
Credo che il 99% dei film non siano "brutti" o "belli" in assoluto, e che talvolta anche un singolo elemento ben riuscito possa salvare un'intera opera, basta sapere dove guardare.
Credo anche che la vita di un uomo sia mediamente troppo corta per permettersi di sprecare tempo decidendo quale film vedere, con il rischio poi di aver fatto la scelta sbagliata. Questo spazio nasce con l'intento di fornire qualche indicazione a quanti non vogliono accontentarsi di giudicare un film dalla "trama" o dalla star che recita (senza nessun pregiudizio verso le trame ben scritte e gli attori di livello). Poche righe per sintetizzare gli aspetti che valgono delle pellicole che ho visto, lasciando a wikipedia (cliccando su registi e attori) e a youtube (cliccando sui titoli) l'onere di fornirvi tutte le informazioni supplementari. Per facilitare la consultazione ho creato degli indici apposti, inserendo in Prima Fila i film consigliati, in Peggio del Peggio quelli da evitare e suddividendo le opere per aree tematiche piuttosto che di genere: Film Blu per thriller, noir, poliziesco, azione ecc, Film Bianco per le commedie e i film più "leggeri", Film Rosso per quelli drammatici e affini (ma una singola opera può essere segnalata in più categorie proprio perchè le suddivisioni per genere risultano spesso troppo rigide) e Film Oro per i grandi classici. Infine una sezione più "critica" (Oltre lo schermo) per chi vuole approfondire determinati argomenti. Buona visione.

domenica 6 ottobre 2013

Django Unchained


Galoppante cinema western

western/azione


Il west secondo Tarantino, che con i b-movie italiani è cresciuto e con lo spaghetti western prima o poi doveva chiudere i conti: personaggi con facce giuste e lingue guizzanti come proiettili, sparatorie più verbali che di piombo, violenza galoppante, perbenismo tenuto al minimo sindacale dove la differenza tra i buoni e cattivi c’è ma non si vede, il tutto shakerato con reminescenze cinematografiche pescate da chissà dove, senza l’assillo di mascherare la finzione ma, anzi, con il continuo intento di mostrare i fili delle marionette (corpi che esplodono in maniera eccessiva, sangue troppo rosso, personaggi che discutono deliberatamente sul ruolo da interpretare). Due anni prima della rivoluzione civile americana che portò l’abolizione della schiavitù, gli Stati del Sud sono popolati dai ricchi latifondisti bianchi e dai negri che lavorano per loro nelle piantagioni. Il dottore venuto dalla Germania e divenuto cacciatore di taglie (Christoph Waltz, ancora una volta superbo: come si fa a considerarlo “attore non protagonista”?) libera lo schiavo di colore Django per identificare i ricercati cui dà la caccia. I due daranno vita a un sodalizio, prima per il business, poi per liberare la giovane moglie nera dalle grinfie dello spietato Calvin Candie, tiranno del Missisipi con l’occhio gelido e il ghigno affilato di Leonardo di Caprio (fenomeno), che guarda i mandingo farsi a pezzi per diletto ma è attratto più dai soldi che dall’arte della lotta. La trama è un pretesto per intrecciare dialoghi taglienti stemperati dall’ironia e deflagranti in attimi di sublime tensione drammatica, anche se dopo una serie di capolavori Tarantino risulta meno ispirato del solito nella scrittura e sembra preferire il registro comico (a tratti molto comico) alle impennate di tensione. Ma ci sono le facce, i corpi (tra cui anche quello deforme di un Samuel L. Jackson invecchiato ad arte), i tempi e le musiche giuste (quella dei titoli di testa viene dal Django originale con Franco Nero, che compare in un cameo; seguono Cavalcata delle Valchirie, Beethoven, Trinity ed Elisa musicata da Morricone) per sorprendere e divertire, nonostante la durata extra large, e fare della visione di quest’opera un’esperienza sempre eccitante.

Alto: Tra le tante cose la scena madre di Di Caprio attorno al tavolo
Basso: Sceneggiatura meno ispirata del solito

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